ACT e Mindfulness contro la dipendenza da videogiochi e giochi online

L’Internet Gaming Disorder, noto anche con l’acronimo di IGD, riguarda una fenomenologia che si riferisce a un persistente e ciclico schema di comportamenti connessi all’utilizzo smodato e disfunzionale di videogiochi. Un pattern di comportamenti non esclusivamente collegato all’uso del computer come strumento ludico, ma che si estende anche ai soggetti che ricorrono all’utilizzo di altre tipologie di piattaforme, quali gli smartphone e le console di ultima generazione.

Una ricerca condotta nel 2018 dalla Dottoressa Wen Li e dai suoi colleghi, ha messo in evidenza come la predominanza di tale disturbo trovi collocazione in un range compreso tra il 4% e il 12% del campione generale di individui che si autodefiniscono videogiocatori. È emerso, inoltre, come l’urgente esigenza dell’individuo di videogiocare quotidianamente, per molte ore al giorno, rischi di condurlo a trascurare importanti aspetti della propria vita, quali le relazioni sociali, la salute e la gestione finanziaria. Le conseguenze di tali comportamenti, dunque, possono tradursi in problematiche connesse alla salute fisica, alla perdita delle relazioni sociali e alla comorbilità di patologie psichiche che possono sfociare, nei casi più estremi, nella coltivazione e nella successiva concretizzazione di pensieri suicidari.

I sintomi dell’IGD, piuttosto simili a quelli riscontrati nel gambling e nei soggetti affetti da disturbo di abuso di sostanze, sembrano colpire maggiormente i giovani adulti e gli adolescenti. In misura particolare, gli studenti risultano essere esposti a un rischio maggiore rispetto alle altre categorie, considerate le crescenti difficoltà affrontate dal loro ambiente sociale e familiare nel monitorare e gestire il tempo che essi dedicano ad attività disfunzionali. Videogiochi che, tra l’altro, molto spesso vengono considerati dai ragazzi come strumento e superficiale strategia di coping per allontanarsi dai problemi, dallo stress e dai doveri quotidiani da fronteggiare.

Alcune ricerche hanno messo in luce come numerosi soggetti che soffrono di Internet Gaming Disorder facciano riferimento a pensieri negativi connessi al contesto videoludico, quali l’impressione di sentirsi efficaci esclusivamente nei videogiochi, o l’idea di sentirsi in grado di socializzare solo in determinati ambienti virtuali. Secondo l’approccio teorico basato sulla Mindfulness, l’utilizzo di tecniche meditative in grado di ridurre il significato collegato, e spesso auto imposto, a uno stimolo, potrebbe favorire una riduzione di tali aspetti cognitivi negativi, diminuendo di conseguenza la rilevanza e l’urgenza di ricorso ai videogiochi da parte del soggetto.

Attraverso una graduale ristrutturazione valoriale, inoltre, sarà possibile aiutare l’individuo a utilizzare i videogames non più come strumento di evitamento delle emozioni sgradite, ma come esclusiva attività ludica e ricreativa.

Il già citato studio di Li e colleghi, condotto su un campione di 30 partecipanti, ha proposto un percorso di meditazione, consapevolezza metacognitiva e concentrazione sul momento presente che ha ottenuto risultati significativi nella riduzione delle cognizioni negative e nell’aumento inversamente proporzionale di quelle positive, dimostrando una successiva diminuzione dei comportamenti da dipendenza messi in atto dai soggetti come risposta alle emozioni indesiderate.

L’utilizzo della meditazione sembra aver aiutato a diminuire gli effetti dei processi cognitivi disfunzionali e parrebbe quindi aver incrementato la consapevolezza e il controllo delle emozioni nei partecipanti, che sono stati capaci anche di mettere in discussione la loro motivazione nel dedicarsi ai videogiochi in maniera così frequente.

Setting individuali basati su tecniche ACT (Acceptance and Commitment Therapy), potrebbero inoltre portare giovamento in termini di cambiamento e promozione del benessere personale, attraverso la presa di consapevolezza di come la sofferenza psicologica sia “normale” e adattiva. Accettare l’impossibilità di sbarazzarsene volontariamente rappresenta il primo passo da compiere per prepararsi poi all’adozione di provvedimenti che evitino di incrementarla artificialmente, e che incoraggino a vivere un’esistenza dettata dai propri valori, rimanendo in contatto e impegnandosi nel momento presente, imparando strategie utili per uscire da un mondo virtuale e fittizio per poi finalmente “far ritorno nella propria vita”.

In collaborazione con Alessandro Bellardi Falconi

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