IACD: la terapia per affrontare il lutto e la perdita

La morte di una persona cara, di un partner, di un genitore o semplicemente di chiunque sia stato in grado di ricoprire un ruolo particolarmente significativo nella nostra vita, risulta essere indubbiamente uno degli avvenimenti più tragici e difficoltosi da affrontare della nostra esperienza umana. Le situazioni di carattere emotivo da fronteggiare a seguito di un evento luttuoso possono assumere le forme più svariate e complesse: dalle difficoltà di accettazione e realizzazione alla ricerca di un senso da assegnare all’accaduto, da tristezza, ansia, solitudine e rabbia al ritrovarsi improvvisamente costretti a dover fare i conti con una quotidianità nuova e mai vissuta prima. Una miriade di differenti reazioni che possono variare in relazione alla soggettività unica e inimitabile che ognuno di noi possiede e che, pur innegabilmente complesse, sono il più delle volte espressione di un bisogno condiviso di trovare una strada che permetta, a chi rimane su questa terra, di percepire il graduale affievolirsi del dolore e che consenta di esternare, condividere e, infine, elaborare il trauma esperito. Ma non sempre è così semplice.

La IADC, acronimo di Induced After Death Communication, è un trattamento terapeutico mirato in grado di favorire i processi di elaborazione del lutto, basato su una procedura che prevede la stimolazione bilaterale del cervello per mezzo di specifici movimenti oculari, stimolazioni tattili e uditive.
Una metodologia di intervento che fu scoperta nel 1995 dallo psicoterapeuta americano Allan Botkin quando, nel corso di un lavoro clinico con un gruppo di reduci della guerra del Vietnam affetti da PTSD (sindrome da stress post traumatico), scoprì in modo del tutto casuale che, nel corso di una somministrazione di EMDR con un paziente particolarmente resistente alla guarigione da un trauma, successivamente a un’intensa fase di rilascio emotivo al ricordo di un lutto il soggetto raggiungeva un improvviso stato di serenità e rilassamento, arrivando a comunicare, come se si trovasse effettivamente dinanzi a lui, con l’immagine della persona deceduta prematuramente e alla quale si sentiva affettivamente legato. Ciò che era stato raggiunto era quello che siamo ora in grado di definire come una condizione di ricettività indotta, simile a un sogno lucido ma vissuta in uno stato di veglia.

Ricerche e studi successivamente condotti sul tema in condizioni scientifiche hanno portato nel corso degli anni al perfezionamento di una metodologia che, quando correttamente applicata, si dimostra clinicamente in grado di attestarsi come valido strumento di supporto finalizzato a una funzionale elaborazione del lutto. Un processo neurofisiologico che viene raggiunto per mezzo di una stimolazione bilaterale del cervello che, riconnettendosi con il dolore, risulta essere in grado di desensibilizzare quelle connessioni cerebrali spontanee che si instaurano tra ricordo del trauma ed emozioni, sensazioni e immagini negative e luttuose, riprogrammandole fino all’auspicato raggiungimento di una connessione mentale che possa condurre a un’esperienza di comunicazione col defunto e a un’elaborazione corretta del dolore per la perdita.

Al fine di raggiungere una simile esperienza curativa tale forma di trattamento, che può essere integrato all’interno di un percorso psicoterapico tradizionale, prevede di norma due/tre sedute di due ore ciascuna, per un totale di quattro/sei ore, la Dott.ssa Pamela Di Paolo, psicologa di Pescara, potrà guidarvi al meglio in questo percorso IADC.