Mi vaccino o non mi vaccino? La psicologia degli indecisi

Siamo nel bel mezzo di una campagna di vaccinazione di massa e l’Italia è chiamata a procurarsi con rapidità le due dosi da somministrare al maggior numero possibile di cittadini, tentando di arginare al più presto il dilagare della pandemia e delle sue, ormai familiari, varianti. Ciononostante, secondo una recente indagine effettuata dall’Università Cattolica, quasi un italiano su due (il 48% degli intervistati) si dichiara non sicuro di volersi vaccinare, anche se con l’introduzione del green pass, la percentuale è diminuita.

Come si spiega una tale reticenza di fronte a quella che, ad oggi, pare essere l’unica arma che abbiamo a disposizione per combattere il virus? Un fenomeno ben noto in psicologia è quello dei cosiddetti bias di conferma: delle “scorciatoie mentali” a cui molto spesso gli esseri umani fanno ricorso e che li spinge a cercare esclusivamente le informazioni in grado di confermare le loro convinzioni. Mettere tali persone di fronte alle evidenze scientifiche e cercare di spiegar loro i dati potrebbe rivelarsi non solo del tutto inutile ma, anzi, anche controproducente. Tuttavia, la realizzazione di trovarsi di fronte a un tale meccanismo mentale potrebbe suggerire nuove e più efficaci strategie di comunicazione su cui far leva. Le motivazioni sottostanti i blocchi mentali rispetto ai vaccini possono essere di diverso tipo: per alcuni sono le teorie complottiste nei riguardi delle grandi industrie farmaceutiche, altri invece sono mossi dalla volontà di schierarsi contro il pensiero comune, altri ancora nutrono una profonda repulsione per siringhe, aghi e ospedali in generale. Rivolgersi a questi ultimi, sollecitandone la riflessione sul fatto che i rischi di ospedalizzazione potrebbero essere ancora maggiori in caso di mancata vaccinazione, potrebbe rivelarsi una strategia efficace. Al contrario, e a conferma di quanto poc’anzi scritto, confutare teorie cospirazioniste con solide evidenze potrebbe tradursi in un risultato infruttuoso; prendere in considerazione la possibilità di un complotto, per poi evidenziarne il carattere irrazionale e controproducente, sarebbe forse una scelta più appropriata.
C’è anche da dire, nel caso specifico del vaccino anti COVID-19, come una larga fetta di indecisi sia mossa da forte scetticismo in relazione all’effettiva sicurezza dello stesso, considerata la rapidità con la quale è stato messo a punto. Secondo il parere dell’American Psychological Association (APA) è fondamentale prestare la giusta attenzione a quelle che sono le legittime preoccupazioni dei cittadini, affiancando però all’ascolto una massiva incentivazione del dialogo con esperti del settore. Una strategia apparentemente vincente, sempre secondo l’APA, sembrerebbe essere quella della condivisione di esperienze personali (un esempio sono i medici e i personaggi dello spettacolo che si mostrano sui social network mentre si sottopongono alla somministrazione), un utile canale per scardinare le indecisioni e le incertezze.
Ad ogni modo, qualsiasi strategia di diffusione si decida di scegliere, è evidente che l’interpretazione del comportamento umano non possa essere ignorata, dal momento che le motivazioni che sottostanno all’indecisione e al rifiuto nei confronti della vaccinazione sono decisamente complesse e di difficile decifrazione. Proprio per questo, in un momento storico come quello che stiamo vivendo e in cui l’orientamento dell’opinione pubblica si trova a dover svolgere una funzione cruciale per il futuro della società, la psicologia si rivelerà una preziosa alleata nella scelta di comunicazioni veicolate in modo chiaro e formulate allo scopo di aggirare i bias.

In collaborazione con Alessandro Bellardi Falconi

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