Iniziamo oggi questa rubrica con una canzone dei CCCP “Per me lo so”
“Conforme a chi, conforme a cosa?
Conforme a quale strana posa?
Va peggio, va meglio? Non so dire, non lo so”
Per capire questi versi, dobbiamo fare un passo indietro e partire da un assunto fondamentale. La natura ci ha dato una bussola molto semplice per procedere nel nostro percorso esistenziale: la capacità di distinguere tra felicità e infelicità.
Ciò che rende felice me, non è detto che renda felice te.
Tante persone temono il fatto che la vita non abbia un significato specifico. Ma il fatto è che non esiste un significato univoco dell’esistenza perché ciascuno deve trovarvi il senso personale, portando a compimento sé stesso nella propria unicità e individualità. Per poterci prendere cura di noi stessi nel senso più profondo, non dobbiamo far altro che seguire questa bussola emotiva che piano piano ci aiuterà ad avvicinarci a ciò che siamo realmente.
Siamo felici quando riusciamo a trovare la nostra dimensione.
Ma se io perdo la direzione e non seguo più le indicazioni della mia bussola interiore; se comincio a vedere il sentimento dell’angoscia come qualcosa da soffocare anziché da ascoltare, dimenticando che, come afferma Heidegger, l’angoscia ci singolarizza, allora non ascolto più neanche me stesso. Mi confomo, mi appiattisco su qualche strana posa, seguo una moda, la media, le direttive precostituite e preconfezionate date dagli altri, dai vertici del potere, dalla televisione etc.
A quel punto non so più se sto bene o male, meglio o peggio.
Sono scisso da me stesso.
“La prima volta fa sempre male
La prima volta ti fa tremare
Sei tu, sei tu, sei tu, chi può darti di più?
Sei tu, sei tu, sei tu, chi può darti di più?”
La prima volta che ti discosti dalle linee guida imposte dalle istituzioni, ti trovi privo di riferimenti. È doloroso perché affronti l’angoscia e la paura. Tuttavia, è proprio l’angoscia che ti rende unico. Inizi a orientarti con la tua bussola interiore, a fare affidamento su te stesso.
“La terza volta ti fa pensare La quarta volta stai a guardare Sei tu, sei tu, sei tu, chi può darti di più? Sei tu, sei tu, sei tu, chi può darti di più?”
La terza volta riflessi su ciò che accade, segnando un cambiamento mentale e cognitivo. La quarta volta osservi, trascendendo l’ego e la mente, acquisendo una consapevolezza più profonda e radicata nell’essere.
L’osservazione è un insegnamento fondamentale dei maestri di meditazione: nella pratica meditativa possiamo osservare pensieri ed emozioni come dall’esterno, senza identificarci con essi. Questo concetto, elaborato dal Buddha e dal filosofo Jiddu Krishnamurti, si ritrova nella sua affermazione: “Esiste una rivoluzione necessaria per liberarci dall’angoscia, dai conflitti e dalle frustrazioni. Questa rivoluzione deve iniziare non dalle teorie e ideologie, ma da una trasformazione radicale della nostra mente.”
A queste idee si legano anche le riflessioni di Paramahansa Yogananda e Eckhart Tolle, autore del libro Il potere di Adesso, una guida all’illuminazione spirituale.
E poi il ritornello: “Sei tu, chi può darti di più?”.
In questa frase risiede l’essenza della canzone, il suo messaggio più profondo, che la rende un vero inno esistenzialista.
“Sei tu, chi può darti di più?” È come dire: ascolta te stesso, perché è la Natura, l’Essere, il Divino dentro di te a fornirti la direzione. È un chiaro invito all’introspezione, alla meditazione, alla ricerca della propria via interiore.
“L’ultima volta non arriva mai, in questo presente che capire non sai.”
Questa frase sottolinea che la cura di sé non ha mai fine. Non esiste un punto in cui smettiamo di prenderci cura di noi stessi, specialmente per chi è riuscito a trascendere la mente e vive pienamente nel presente, un luogo che sfugge alla completa comprensione.
Essere nel presente significa essere in connessione con l’universo e, quindi, con il Divino.
Quando superi il tuo ego, entri in contatto con qualcosa di infinito: l’Essere che è in te e l’Eternità stessa.
La cura non ha mai fine, perché essa è l’essenza stessa della vita.