Instagram e depressione: il lato oscuro della tecnologia

Viviamo all’interno di un mondo sempre più tecnologico, sempre più virtuale, sempre più connesso. La maggior parte degli adolescenti possiede uno smartphone e il “battesimo” sui social avviene addirittura all’interno della fascia under 10, nonostante la teorica soglia di età minima di accesso.

Un report interno condotto negli ultimi tre anni, rivelato dal Wall Street Journal, fa emergere un dato allarmante relativo alla piattaforma preferita da giovani e giovanissimi: Instagram. L’indagine, condotta da un team di ricercatori e commissionata dalla stessa Facebook, proprietaria del social incriminato, aveva lo scopo di comprendere come e quanto l’utilizzo dello stesso incidesse sulla salute psicologica dei giovani fruitori. In una slide del 2019 si leggeva: «Il 32% delle adolescenti afferma che quando si sente male con il proprio corpo, Instagram le fa sentire peggio»; un’altra recitava: «Gli adolescenti incolpano Instagram per gli aumenti del tasso di ansia e depressione».

Un quadro allarmante e che ha portato a dei tentativi di correzione: nel 2019 Instagram aveva iniziato dei test per eliminare la possibilità di visualizzare il numero dei “Like” sotto le foto. “Like” che significano riconoscimento, approvazione, accettazione, conferme per un numero sempre maggiore di soggetti vulnerabili. Con l’introduzione delle storie, la situazione sembra essersi addirittura aggravata: i “momenti” vengono condivisi molto più facilmente e velocemente rispetto a quanto si poteva fare prima solo con i post, e con crescente ossessività aumenta anche il bisogno di documentare ciò che si sta facendo in un preciso istante, per poi condividerlo con la propria rete di relazioni. Video di gioia da esibire a tutti i costi e foto di corpi e vite perfette, innescano un processo di ricerca continua ed esasperata di attenzioni e approvazioni che, se mancanti, generano sentimenti opposti di inadeguatezza e bassa autostima. Tutto ciò crea ciò che potremmo, senza rischiare di esagerare, definire un’ansia da prestazione, rea a sua volta di alimentare sensazioni di stress e affaticamento mentale e psichico, fino ad arrivare a stati di vera e propria depressione.

È tutto così negativo? Instagram, come qualsiasi altro social, in quanto tale non è necessariamente dannoso e, come in ogni altra cosa, il segreto risiede nella moderazione e nell’uso che si decide di farne. Sarebbe tuttavia necessario e più che auspicabile potenziare interventi di sensibilizzazione, che siano volti a risvegliare la presa di coscienza sui rischi dell’esposizione prolungata ai social media e, soprattutto, che destino la consapevolezza del fatto che, vivere il momento presente senza sentirsi in obbligo di fare confronti e paragoni con chi ci circonda, godersi una vita piena, reale e non virtuale, renderebbe l’esistenza di ognuno di noi molto più piena, appagante e significativa.

In collaborazione con Alessandro Bellardi Falconi

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